Archivio dell'autore: Barbara Bresciani

Nick e Norah – Tutto Accadde In Una Notte


New York. Mollato dalla fidanzata Tris, Nick (Michael Cera) non riesce ad uscire dalla depressione neanche con l’aiuto degli amici gay del suo gruppo musicale punk, Dev (Rafi Gavron) e Thom (Aaron Yoo). Ma in una sola notte piena di disavventure, riuscirà ad innamorarsi della dolce Norah (Kat Dennings).
Dal romanzo omonimo di Rachel Cohn e David Levithan, adattato da Lorene Scafaria, una commedia sentimentale che è anche uno dei più riusciti atti d’amore per la Grande Mela delgi ultimi anni. L’equilibrio tra comicità e romanticismo è perfetto, alla larga da qualsiasi volgarità (quasi un miracolo oggigiorno). Dopo l’esordio di Long Way Home,  Sollett conferma di conoscere e amare il mondo dei giovani, descritto con partecipazione e spesso con delicatezza sorprendente; ed è capace di fermarsi e ascoltare i personaggi, interpretati da attori irresistibili. Gentile e generoso, è un piccolo film che avrebbe meritato maggiore attenzione. Colonna sonora magnifica, con brani tra gli altri di Band of Horses, Richard Hawley e Devendra Banhart (che compare nei panni di un cliente di un drugstore).

Undertow


 

Georgia. Per reclamare le monete d’oro dell’eredità paterna, Deel Munn (Josh Lucas), appena uscito di prigione, torna alla fattoria del fratello John (Dermot Mulroney) e lo uccide senza pietà. I filgi, Chris (Jamie Bell) e il più giovane e malato Tim (Devon Alan), riescono a fuggire, ma lo zio gli dà la caccia.
Al terzo lungometraggio, Green riafferma il suo amore per Terrence Malick (che co-produce) nella scelta delle locations, nell’osmosi tra paesaggio e personaggi, nell’immaginario di un’America fatta di perdenti e di campi sterminati. E gira con partecipazione e maestria tecnica una sorta di rifacimento di La Morte Corre Sul Fiume dalle reminescenze bibliche, dove i giovani imparano a confrontarsi con adulti violenti, e per giunta consanguinei.
Dopo una battaglia per la sopravvivenza simbolo di un passaggio dolorosissimo alla maturità e alla consapevolezza, il finale ambiguo può essere letto in due modi opposti: ed è una scelta comunque coraggiosa. Magnifico il lavoro sulla fotografia di Tim Orr, e perfette le musiche di Philip Glass. Da noi in dvd (e in sordina, purtroppo).

Percy Jackson E gli Dei dell’Olimpo – Il Ladro di Fulmini


Semidio inconsapevole, frutto dell’atavico vizietto degli déi di flirtare con le mortali, il giovane dislessico Percy Jackson (Logan Lerman) scopre di essere figlio di Poseidone (Kevin McKidd) e di possedere straordinari poteri acquatici, ma una Furia lo accusa di avere rubato la folgore di Zeus (Sean Bean). Protetto e addestrato dal centauro Chirone (Pierce Brosnan), cercherà di scoprire il vero responsabile e ripercorrerà tappe mitologiche cruciali, come la battaglia con Medusa (Uma Thurman) o con l’Idra dalle sette teste, prima di incontrare il suo divino padre.
Scritto da Graig Titley adattando il primo libro omonimo della serie creata da Rick Riordan, un solido e divertente action movie vecchia maniera. Paga un ovvio tributo al fantasy di formazione stile Harry Potter, ma usa i copiosi effetti digitali per ricreare l’atmosfera rétro delle animazioni in stop-motion di Ray Harryhausen, più che inseguire la modernità. Impreziosito da un cast funzionale in cui spicca la divertita Uma con chioma serpentina. Tiepido il successo di pubblico globale, che ha bloccato i propositi iniziali di realizzarne dei seguiti.

Nemico Pubblico


Chicago, 1933. La banda di John Dillinger (Johnny Depp) rapina banche dando del filo da torcere all’FBI guidata da J.Edgar Hoover (Billy Crudup). Per eliminarlo, l’agente Melvin Purvis (Christian Bale)  ricorrerà a intercettazioni telefoniche e a violenti metodi di interrogatorio, di cui sarà vittima anche Billie Frechette (Marion Cotillard), fidanzata di Dillinger, mentre il gangster verrà ucciso in un agguato all’uscita del cinema Biograph, dove si era recato a vedere Le Due Strade.
Recuperando informazioni e dettagli dal libro Public Enemies: America’s Greatest Crime Wave and the Birth of the FBI di Bryan Burrough, Mann (anche sceneggiatore con Ronan Bennett e Ann Biderman) elabora gli stereotipi del genere gangsteristico a modo suo. Ossessionato come sempre dalla verosimiglianza, sceglie quando possibile i luoghi reali degli eventi; e osserva un antieroe attraverso la proliferazione mediatica del suo mito e il bisogno irrimediabile d’amore. Come sempre nel suo cinema, il destino dell’uomo è già scritto e da lui stesso inseguito per mantenere fede a un’etica professionale (quand’anche illegale): non ci sono veri buoni o cattivi, ma soltanto uomini e donne che vivono fino in fondo il loro ruolo, anche a costo di pagarlo salatissimo (Purvis si sarebbe suicidato nel 1960).

Ritmo instancabile, cast impressionante per quantità e bravura, fotografia in digitale HD di Dante Spinotti che raggiunge una profondità di campo mai vista, musica di Elliott Goldenthal (con brani di Otis Taylor, Billie Holiday e Benny Goodman), almeno quattro scene da antologia (l’attesa al semaforo, la sparatoria notturna allo chalet, la visita da “fantasma” di Dillinger nella stazione di polizia e l’imboscata al Biograph in ralenti): un blockbuster unico e personale, che richiede impegno allo spettatore per i numerosi personaggi e per lo stile ellittico e mai facile di Mann. Tra i produttori esecutivi c’è Robert De Niro.

Spoiler —- Come in Heat – La Sfida, i due rivali a distanza s’incontrano faccia a faccia solo una volta, prima della fine.

Pelham 123 – Ostaggi in Metropolitana


“Tutti dobbiamo una morte a Dio”

(Bernard Ryder/John Travolta)

Declassato per illecito a smistare treni in una stazione della metropolitana di New York, l’ex dirigente in attesa di giudizio Walter Garber (Denzel Washington) diventa suo malgrado negoziatore ideale del misterioso e determinato Bernard Ryder (John Travolta), che tiene in ostaggio diciotto persone sul locomotore di un treno partito da Pelham e minaccia di ucciderle tutte se entro un’ora non avrà dal sindaco (James Gandolfini)  dieci milioni di dollari.
La bella sceneggiatura di Brian Helgeland adatta liberamente, e aggiornandolo tecnologicamente ai tempi, il romanzo omonimo scritto da Morton Freedgood con lo pseudonimo di John Godey, e già portato sullo schermo col titolo Il colpo della Metropolitana nel 1974 e nel 1998. Usa lo spazio buio dei tunnel della subway per tornare a riflettere in metafora sulle ferite ancora aperte della New York post 11: la crisi economica che spinge alla follia, il relativismo dei concetti di giusto e sbagliato, le colpe dei politici, il clima di paranoia collettiva. La prima parte, concentrata sul duello verbale tra i due protagonisti, è ad alta tensione e lo stile rende un notevole senso di claustrofobia; l’epilogo, più canonicamente spettacolare e en plein air, funziona meno. Ma Washington è esemplarmente hollywoodiano nel rendere l’impotenza del suo antieroe, e Travolta esprime una sofferenza psicologica e fisica straordinaria, purtroppo dettata anche da drammi personali: il figlio malato è morto (a causa dei consigli sbagliati della chiesa di Scientology di cui era adepto) durante la lavorazione del film.