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Bastardi Senza Gloria


Gudiati da Aldo “l’apache” Raine (Brad Pitt), un gruppo di soldati ebrei americani viene paracadutato in Europa per uccidere quanti più nazisti sia possibile: con l’aiuto dell’attrice tedesca doppiogiochista Bridget von Hammersmark (Diane Kruger) tenteranno di eliminare Hitler (Martin Wuttke) e il suo stato maggiore nel cinema parigino di una ragazza ebrea (Melanie Laurent) sfuggita al massacro della famiglia, anche lei decisa a vendicarsi dei tedeschi durante la serata di gala in onore dell’eroe di guerra Frederick Zoller (Daniel Bruhl) e del film che interpreta. Ma tutti devono fare i conti con l’infido e astutissimo colonnello Landa (Christoph Waltz).
Mettendo a frutto la propria passione per il cinema, questa volta non solo di serie B, Tarantino costruisce un film fatto di citazioni (visive ma anche musicali), dove il senso del racconto non nasce da una qualche idea di verosimiglianza storica ma piuttosto dalla capacità del cinema di attribuire un senso compiuto anche alle fantasie più scatenate (e infatti il finale si permettte di ribaltare ogni verità storica). Per questo le polemiche sulla correttezza della ricostruzione e soprattutto sul “desiderio di vendetta” dei protagonisti ebrei sono totalmente fuori luogo. L’unica logica che riconosce Tarantino è quella della coerenza cinematografica, dove il pastiche tra i generi ( si comincia come un western, si finisce come un horror) e le citazioni (da Hawks a Ford, da Pabst alla Reifenstahl) guidano la sceneggiatura e la regia, mentre il divertimento diventa l’unico metro di giudizio. E per chi non ha paura delle scene forti e della mancanza di logica, il divertimento è molto. Il titolo è un omaggio (con due storpiature lessicali che il regista non ha voluto spiegare) al film di Enzo G. Castellari (cioè Enzo Girolami) Quel Maledetto Treno Blindato, il cui titolo inglese era Inglorious Bastards. Otto nomination agli Oscar ma solo Waltz l’ha vinto come migliore attore non protagonista.

Grindhouse – A Prova di Morte


« Ehi, Pam, ti ricordi quando ho detto che la macchina era a prova di morte? Non dicevo una bugia… questa macchina è al cento per cento a prova di morte, ma per godere di questo vantaggio, tesoro, tu dovresti essere seduta esattamente dove sono io! »
(Stuntman Mike/Kurt Russell – dai dialoghi del film)

“Stuntman” Mike (Kurt Russell) incrocia in un bar le tre amiche “Jungle” Julia (Tamiia Poitier), Arlene (Vanessa Ferlito) e Shanna (Jordan Ladd), decise a passare una vacanza da sole. Dopo aver accolto in macchina l’autostoppista Pam (Rose McGowan), si lancia sulle tracce delle tre ragazze, deciso a verificare la loro resistenza agli incidenti automobilistici frontali. Qualche tempo dopo prova a ripertersi con Abernathy (Rosario Dawson), Zoe (Zoe Bell, una vera stunt-woman, che in Kill Bill faceva la controfigura di Uma Thurman) e Kim (Tracie Thoms) che girano allegre in auto per la campagna. Ma avrà più di una sorpresa.
Uscito come film autonomo e con una sequenza in più (la lapdance della Ferlito, al posto della quale per gli spettatori americani compariva un cartello con la scritta “missing reel”, ovvero “rullo mancante”), è il secondo episodio (con Planet Terror di Robert Rodriguez e un intermezzo di falsi trailer) dell’originale Grindhouse, distribuito nella versione di 191′ solo negli USA e in Francia. Il titolo indica il termine gergali per i locali di ultima visione dove negli anni Settanta si vedevano due film, spesso di serie Z, con un biglietto solo. Tarantino (anche sceneggiatore e direttore della fotografia) ricrea con interventi digitali il look delle pellicole in condizioni tecniche impresentabili che circolavano in quelle sale: graffi, sfocature, salti di quadro, tagli ecc. Il gioco di citazioni infinito: Telefon, Umberto Lenzi, Fernando di Leo, Dario Argento, Convoy – Trincea d’Asfalto, Bullitt, Gli Amanti del Chiaro di Luna, Zatoichi) e di rimandi (la Dodge Charger del 1969 gialla a bande nere di Stuntman Mike viene da Zozza Mary Pazzo Gary, la Chevy Nova Mustang del 1970 bianca di Abernathy, Zoe e Kim è quella di Punto Zero).
Eli Roth è Dov. Colonna sonora al solito ricchissima con brani di The Coasters, Eddie Floyd, Willy deVille e la riscoperta di “Hold Tight” di Dave Dee, Dozy, Beaky, Mick & Tich. I film annunciati dai falsi trailer tra un episodio e l’altro dell’edizione originale (in Italia si vede solo l’ultimo, prima di Planet Terror) sono: Werewolf Women of the SS ( di Rob Zombie, con Nicolas Cage e Udo Kier), Thanksgiving (di Eli Roth, con Michael Biehn), Don’t (di Edgar Wright con Nick Frost, Simon Pegg) e Machete (di Robert Rodriguez, con Danny Trejo). Negli USA un sonoro flop, in Italia un successo moderato.

Kill Bill – Vol. 2


« Ho ucciso tante persone per arrivare fin qui. Ma ne devo uccidere ancora una. L’ultima. Quella da cui sto andando ora: la sola rimasta in vita. E quando sarò arrivata a destinazione, io ucciderò BILL. »
(La Sposa nei titoli di testa)

Black Mamba (Uma Thurman), ribattezzata “La Sposa”/Beatrix Kido, uccide Budd (Michael Madsen), il fratello di Bill (David Carradine), e deve uccidere anche la spietata Elle Driver (Daryl Hannah). Ma quando, per completare la sua vendetta arriva a Bill, troverà un’inaspettata sorpresa.
Il secondo capitolo è molto diverso dal primo: rallentato, fittamente dialogato, con l’ambizione di fare con la mitologia del noir ciò che Leone aveva fatto col western. Ma il dialogo più brillante (quello sulla vera natura di Superman) è preso da Jules Feiffer: e Tarantino continua a giocare con i generi e le citazioni.
Liu è Johnny Mo nel primo episodio e il maestro Pai Mei nel secondo.
Parks, lo sceriffo McGraw, qui è anche Esteban.

Kill Bill – Vol. 1


« La vendetta è un piatto da servire freddo. »
(Vecchio proverbio Klingon)

L’ex componente di una squadra di killer nota come Black Mamba (Uma Thurman) esce da quattro anni di coma e si vendica degli ex colleghi che  – su ordine di Bill (David Carradine), suo  ex amante e boss – hanno fatto una strage il giorno delle sue nozze. Le prime della lista sono Vernita Green (Viviva A. Fox), diventata una madre di famiglia, e O-Ren Ishii (Lucy Lui), ora boss della mala di Tokyo.
Il ritorno di Tarantino dopo sei anni è stato spezzato in due parti. Nella prima, il regista-sceneggiatore rinuncia quasi per intero ai dialoghi che dei suoi film erano il punto di forza, e costruisce un canovaccio sul classico tema della vendetta: un pretesto per accumulare una serie infinita di citazioni tra Oriente e Occidente (Shaw Brothers e kung fu hongkonghese, yakuza e samurai giapponesi, spaghetti western, blaxploitation, horror demenziale). Cinema che si nutre di cinema.
L’episodio di O-Ren è realizzato come un cartoon splatter dalla nipponica Production I. G.
In colonna sonora, un collage di Bacalov, Morricone, Herrmann, Nancy Sinatra e musiche originali di The RZA! Divenuta famosa in tutto il mondo ed immortale.
Esiste anche una versione che riunisce i due volumi, finora inedita in Italia, più esplicita quanto a violenza.

Le Iene


“Fate Mezzogiorno di fuoco in una gioielleria e vi sorprendete perché arrivano gli sbirri?” (Eddie)

Dopo una sanguinosa rapina andata male, i superstiti – tra i quali un poliziotto infiltrato (Tim Roth) – si incontrano in un capannone. Uno di loro, uno psicopatico omicida (Michael Madsen), ha preso in ostaggio un poliziotto.
Un’intelligente struttura a puzzle, in cui una volta tanto i flashback non sono esornativi, con una messa in scena teatrale e stilizzata: l’esordiente Tarantino (che si riserva la parte di “Marrone”, perché per non rilevare la propria identità tutti si chiamano con nomi di colori) aggiorna con l’humour nerissimHo la classica struttura da tragedia elisabettiana in cui si sa che tutti devono morire. Violenza quasi insostenibile, ma un rigore morale della visione ormai raro nell’epoca di Basic Instinct. Attori perfetti (Keitel è anche produttore), e dialoghi da antologia, specie i pezzi iniziali sull’interpretazione di “Like A Virgin” di Madonna e sulle mance. Monte Hellman è uno dei produttori esecutivi. Rieditato col titolo Cani da Rapina.