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Pelham 123 – Ostaggi in Metropolitana


“Tutti dobbiamo una morte a Dio”

(Bernard Ryder/John Travolta)

Declassato per illecito a smistare treni in una stazione della metropolitana di New York, l’ex dirigente in attesa di giudizio Walter Garber (Denzel Washington) diventa suo malgrado negoziatore ideale del misterioso e determinato Bernard Ryder (John Travolta), che tiene in ostaggio diciotto persone sul locomotore di un treno partito da Pelham e minaccia di ucciderle tutte se entro un’ora non avrà dal sindaco (James Gandolfini)  dieci milioni di dollari.
La bella sceneggiatura di Brian Helgeland adatta liberamente, e aggiornandolo tecnologicamente ai tempi, il romanzo omonimo scritto da Morton Freedgood con lo pseudonimo di John Godey, e già portato sullo schermo col titolo Il colpo della Metropolitana nel 1974 e nel 1998. Usa lo spazio buio dei tunnel della subway per tornare a riflettere in metafora sulle ferite ancora aperte della New York post 11: la crisi economica che spinge alla follia, il relativismo dei concetti di giusto e sbagliato, le colpe dei politici, il clima di paranoia collettiva. La prima parte, concentrata sul duello verbale tra i due protagonisti, è ad alta tensione e lo stile rende un notevole senso di claustrofobia; l’epilogo, più canonicamente spettacolare e en plein air, funziona meno. Ma Washington è esemplarmente hollywoodiano nel rendere l’impotenza del suo antieroe, e Travolta esprime una sofferenza psicologica e fisica straordinaria, purtroppo dettata anche da drammi personali: il figlio malato è morto (a causa dei consigli sbagliati della chiesa di Scientology di cui era adepto) durante la lavorazione del film.

The Informant


Anni Novanta. Ingegnere biochimico e vicepresidente della multinazionale agroalimentare Adm, Mark Whitacre (Matt Damon) denuncia all’FBI i suoi superiori, rei di un accordo fraudolento per il controllo dei prezzi. Fare la spia per il governo non gli impedisce però di commettere un illecito dopo l’altro, nel folle tentativo di scalare il potere dentro la sua azienda. L’agente Brian Shepard (Scott Bakula) non riuscirà più a distinguere verità e menzogne.

Scott Z. Burns adatta il libro di Kurt Eichenwald, che ricostruisce per incarnare un personaggio paradossale ed emblematico di una certa America: spregiudicato, ingenuo, mitomane, patologicamente bugiardo al limite della schizofrenia, ferocemente determinato. Soderbergh cerca di mostrare la fragilità e l’assurdità di un mondo che non conosce più morale. Certo, non ha la verve dei fratelli Coen, e i dialoghi a volte sono troppo fitti, ma sa rappresentare l’inquietante normalità  della follia, azzeccando almeno una trovata narrativa: il monologo interiore del protagonista, che contrappunta gli eventi in modo surreale, con effetti di irresistibile comicità. Curiosamente retrò la colonna sonora di Marvin Hamlisch. George Clooney è uno dei produttori.

Sherlock Holmes (da Marianna D’Apolito LovesRdj)


Fine Ottocento,Londra Vittoriana-221B, Baker Street . Tra riti esoterici, corse contro il tempo e mirabolanti salvataggi; ritorna sul grande schermo, firmato Guy Ritchie, il più famoso detective della letteratura inglese: Sherlock Holmes. Questa volta a vestire i panni del cinico investigatore e del suo assistente/amico, il dottor John Watson, abbiamo Robert Downey,Jr. e Jude Law.
Per gli appassionati dei romanzi di Sir Arthur Conan Doyle (ndr. sofferente per una sorta di sviscerato amore/odio nei confronti della sua creazione più famosa) non mancano i punti sui quali discutere: il film non rispetta del tutto i canoni “Holmesiani”, ma è reso noto che, esso, è senza dubbio, la miglior pellicola ispirata a questo straordinario personaggio letterario. Gran parte del merito ricade su Downey ,Jr. che con il suo straordinario talento,le sue abilità nel Winch Kung Fu-altra caratteristica infusa al personaggio-, e la capacità di rendere suo ogni film sul quale “mette mano”, fa-amabilmente- dimenticare allo spettatore quanto egli non rispecchi le sembianze fisiche di Holmes, impose nei romanzi di Doyle; particolare che i precedenti film hanno rispettato ricavandone ben poco successo. Per fare da spalla all’investigatore, Jude Law, imprime al suo dottor Watson quella carica e quel dinamismo per le quali il suo personaggio non è mai stato così noto. Un mix vincente, dove per secondi ,a parlare, sono gli incassi.
Questa volta a fare da nemesi abbiamo Lord Blackwood, il quale viene consegnato a Scotland Yard e all’ispettore Lestrade per mano di Holmes e Watson, successivamente giustiziato alla forca, davanti agli occhi del dottore, egli ritornerà dall’oltretomba suscitando l’interesse del detective che si ritroverà ad affrontare una nuova –interessante- avventura. Vediamo poi apparire in scena la conturbante Irene Adler,donna capace di dar del filo da torcere anche ad una mente superiore come quella di Sherlock Holmes; e a Mary Morstan: futura moglie di Watson, che sembra quasi suscitare in Holmes gelosie e risentimenti. Tra un susseguirsi di strabilianti intuizioni-letteralmente “Holmesiane” ,trepidazione, morti reali e apparenti, “ritorni in scena” e sotterfugi, si spiana la strada ad un finale leggero, che lascia ben intendere l’intenzione di non voler essere un ‘addio’ (nda. Mancano meno di due mesi all’uscita del sequel nelle sale di mezzo mondo e già è stato confermato un terzo capitolo).
Questo terreno fertile sul quale si sviluppano le avventure di Sherlock Holmes e John Watson è ritratto in un film ben realizzato, piacevole, sagace, curato nei minimi dettagli dalla mano del regista,e dal ritmo incalzante. Manca –forse- una spuntone di arditezza, il tutto però compensato dal grande consenso del pubblico e dalle imbeccabili performance del cast.

Secondo al box office Statunitense nel 2009 (primo ‘’AVATAR’’), si guadagna due candidature agli Oscar, e due ai Golden Globe: una delle quali viene vinta da Robert Downey ,Jr. nella categoria ‘Miglior Attore protagonista in una commedia’.

Per citare una frase del nostro amato detective:”Se non si dispone di nessun elemento è un errore enorme teorizzare a vuoto.”
Quindi fidatevi di Holmes -se non avete ancora visto il film,non potete giudicare- e godetevi questa bella,fresca e coinvolgente pellicola. Io ve la consiglio vivamente.

Bastardi Senza Gloria


Gudiati da Aldo “l’apache” Raine (Brad Pitt), un gruppo di soldati ebrei americani viene paracadutato in Europa per uccidere quanti più nazisti sia possibile: con l’aiuto dell’attrice tedesca doppiogiochista Bridget von Hammersmark (Diane Kruger) tenteranno di eliminare Hitler (Martin Wuttke) e il suo stato maggiore nel cinema parigino di una ragazza ebrea (Melanie Laurent) sfuggita al massacro della famiglia, anche lei decisa a vendicarsi dei tedeschi durante la serata di gala in onore dell’eroe di guerra Frederick Zoller (Daniel Bruhl) e del film che interpreta. Ma tutti devono fare i conti con l’infido e astutissimo colonnello Landa (Christoph Waltz).
Mettendo a frutto la propria passione per il cinema, questa volta non solo di serie B, Tarantino costruisce un film fatto di citazioni (visive ma anche musicali), dove il senso del racconto non nasce da una qualche idea di verosimiglianza storica ma piuttosto dalla capacità del cinema di attribuire un senso compiuto anche alle fantasie più scatenate (e infatti il finale si permettte di ribaltare ogni verità storica). Per questo le polemiche sulla correttezza della ricostruzione e soprattutto sul “desiderio di vendetta” dei protagonisti ebrei sono totalmente fuori luogo. L’unica logica che riconosce Tarantino è quella della coerenza cinematografica, dove il pastiche tra i generi ( si comincia come un western, si finisce come un horror) e le citazioni (da Hawks a Ford, da Pabst alla Reifenstahl) guidano la sceneggiatura e la regia, mentre il divertimento diventa l’unico metro di giudizio. E per chi non ha paura delle scene forti e della mancanza di logica, il divertimento è molto. Il titolo è un omaggio (con due storpiature lessicali che il regista non ha voluto spiegare) al film di Enzo G. Castellari (cioè Enzo Girolami) Quel Maledetto Treno Blindato, il cui titolo inglese era Inglorious Bastards. Otto nomination agli Oscar ma solo Waltz l’ha vinto come migliore attore non protagonista.