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Nemico Pubblico


Chicago, 1933. La banda di John Dillinger (Johnny Depp) rapina banche dando del filo da torcere all’FBI guidata da J.Edgar Hoover (Billy Crudup). Per eliminarlo, l’agente Melvin Purvis (Christian Bale)  ricorrerà a intercettazioni telefoniche e a violenti metodi di interrogatorio, di cui sarà vittima anche Billie Frechette (Marion Cotillard), fidanzata di Dillinger, mentre il gangster verrà ucciso in un agguato all’uscita del cinema Biograph, dove si era recato a vedere Le Due Strade.
Recuperando informazioni e dettagli dal libro Public Enemies: America’s Greatest Crime Wave and the Birth of the FBI di Bryan Burrough, Mann (anche sceneggiatore con Ronan Bennett e Ann Biderman) elabora gli stereotipi del genere gangsteristico a modo suo. Ossessionato come sempre dalla verosimiglianza, sceglie quando possibile i luoghi reali degli eventi; e osserva un antieroe attraverso la proliferazione mediatica del suo mito e il bisogno irrimediabile d’amore. Come sempre nel suo cinema, il destino dell’uomo è già scritto e da lui stesso inseguito per mantenere fede a un’etica professionale (quand’anche illegale): non ci sono veri buoni o cattivi, ma soltanto uomini e donne che vivono fino in fondo il loro ruolo, anche a costo di pagarlo salatissimo (Purvis si sarebbe suicidato nel 1960).

Ritmo instancabile, cast impressionante per quantità e bravura, fotografia in digitale HD di Dante Spinotti che raggiunge una profondità di campo mai vista, musica di Elliott Goldenthal (con brani di Otis Taylor, Billie Holiday e Benny Goodman), almeno quattro scene da antologia (l’attesa al semaforo, la sparatoria notturna allo chalet, la visita da “fantasma” di Dillinger nella stazione di polizia e l’imboscata al Biograph in ralenti): un blockbuster unico e personale, che richiede impegno allo spettatore per i numerosi personaggi e per lo stile ellittico e mai facile di Mann. Tra i produttori esecutivi c’è Robert De Niro.

Spoiler —- Come in Heat – La Sfida, i due rivali a distanza s’incontrano faccia a faccia solo una volta, prima della fine.

The Dark Knight – Il Cavaliere Oscuro


Il crimine organizzato a Gotham City ha le ore contate. Batman (Christian Bale), il tenente Gordon (Gary Oldman), il nuovo Procuratore Distrettuale (Harvey Dent) e alcuni improbabili epigoni dell’Uomo Pipistrello in imbottiture da hockey hanno dichiarato guerra ai criminali. La loro fortuna e i loro dollari, accumulati in una banca di massima sicurezza, vengono rubati da Joker (Heath Ledger). Riempite le tasche di lame, polvere da sparo e lanugine, Joker sfiderà il cavaliere oscuro di Bruce Wayne e rivelerà il lato oscuro di Harvey Dent, l’eroe procuratore che applica la giustizia e agisce a volto scoperto.

Non c’e’ niente di autocelebrativo, di solare, di rilassante, in questo secondo Batman del bravissimo Nolan, qui anche sceneggiatore insieme al fratello Jonathan. E’ un film per adulti lontano anni luce dagli ultimi due immaturi Spider-man (dei quali ha battuto lo storico record di incassi nel primo weekend), e’ realisticamente cupo, lontano anni luce dall’uomo pipistrello di Burton. Un riuscitissimo e Milleriano Cavaliere Oscuro dove tutte le parti concorrono alla riuscita del complicato (forse un pelino troppo) puzzle con grandissime prove d’attori su cui giganteggiano i due contendenti, nel loro splendido confronto che non finira’ mai, perche’ come ci dice Joker-Ledger “tu mi completi”.

Batman Begins


Il giovane Bruce Wayne (Christian Bale) torna a Gotham City dopo un lungo addestramento in giro per il mondo e, con molte difficoltà, inizia la sua vita da eroe. Dopo aver superato lo choc di aver visto uccidere i suoi genitori, il futuro Batman brucia di vendetta.

Nolan interrompe la continuità narrativa delle ultime peripezie di Batman, reinventando la mitologia dell’Uomo Pipistrello. La sceneggiatura (del regista e di David S. Goyer) torna alla giovinezza del supereroe recuperando due periodi importanti delle sue avventure a fumetti: il 1971-1972, in cui Denny O’Neil (testi) e Neal Adams (disegni) crearono il personaggio di Ra’s al Ghul; e il 1988, con la miniserie Batman – Year One, in cui Frank Miller (testi) e David Mazzucchelli (disegni) ne rilessero il debutto. L’originalità della pellicola è tutta nella prima parte, sorta di “romanzo di formazione” che – attraverso ili senso di colpa “connaturato” alla cultura americana, che in nome della propria opulenza si sente in debito dei meno fortunati. Mentre il ritorno a Gotham si confronta con il tema più “politico” del diritto/dovere alla vendetta come atto di giustizia (ma qui, più che l’ennesima “rilettura” dell’11/09, sembra di ascoltare un dialogo a distanza con Lucas e il suo lord Fener, di cui ribalta le riflessioni sul ruolo della “Forza” sottolineando l’inevitabile commistione di Bene e Male che alberga in ognuno). Ne esce un film singolarmente cupo, notturno, forse non molto inventivo sul piano figurativo ma piuttosto efficace su quello narrativo; con le “inevitabili” concessioni alla mitologia del genere (l’armamentario alla James Bond, i combattimenti alla orientale, l’inseguimento con la Bat-mobile) ma anche con un cast piuttosto indovinato (Caine nella parte del fido maggiordomo Alfred, Freeman in quella dell’inventore Lucius Fox, Gary Oldman in quella del poliziotto fidato).

The Prestige


Nella Londra vittoriana, il prestigiatore Alfred Borden (Christian Bale) è condannato a morte per l’omicidio del collega Robert Angier (Hugh Jackman): il loro odio risaliva a quando Borden si era reso responsabile della morte della moglie (Piper Perabo) di Angier in un numero illusionistico particolarmente rischioso. E la loro rivalità, oltre che dal desiderio di vendetta, era stata alimentata dalla ricerca di trucchi sempre più sorprendenti: finchè, con l’aiuto dell’inventore Nikola Tesla (David Bowie), Angier aveva escogitato un trucco capace di spiazzare anche Borden. Nolan adatta con il fratello Jonathan il romanzo di Christopher Priest e concepisce l’intero film come un complesso gioco di prestigio, in cui lo spettatore ha spesso la verità sotto gli occhi ma non è disposto a vederla. Il puzzle di flashback e di colpi di scena è vertiginoso, ma non è solo un passatempo: dietro le meraviglie agghiaccianti, c’è una riflessione su ciò che si è disposti a sacrificare (i sentimenti, il rispetto della vita) in nome dell’ambizione e dell’eccellenza artistica. E l’ambientazione retro aggiunge precisi risvolti sociali: Angier è un dandy, Borden non riesce a cancellare le proprie origini proletarie. Un grande spettacolo messo in scena sontuosamente, che è bello vedere due volte e più. Cast perfetto: Caine ruba la scena nella parte dell’ingegnere dei trucchi Cutter. Musiche di David Julyan. I consulenti per i trucchi si ripresenteranno in The Illusionist.