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The Dark Knight – Il Cavaliere Oscuro


Il crimine organizzato a Gotham City ha le ore contate. Batman (Christian Bale), il tenente Gordon (Gary Oldman), il nuovo Procuratore Distrettuale (Harvey Dent) e alcuni improbabili epigoni dell’Uomo Pipistrello in imbottiture da hockey hanno dichiarato guerra ai criminali. La loro fortuna e i loro dollari, accumulati in una banca di massima sicurezza, vengono rubati da Joker (Heath Ledger). Riempite le tasche di lame, polvere da sparo e lanugine, Joker sfiderà il cavaliere oscuro di Bruce Wayne e rivelerà il lato oscuro di Harvey Dent, l’eroe procuratore che applica la giustizia e agisce a volto scoperto.

Non c’e’ niente di autocelebrativo, di solare, di rilassante, in questo secondo Batman del bravissimo Nolan, qui anche sceneggiatore insieme al fratello Jonathan. E’ un film per adulti lontano anni luce dagli ultimi due immaturi Spider-man (dei quali ha battuto lo storico record di incassi nel primo weekend), e’ realisticamente cupo, lontano anni luce dall’uomo pipistrello di Burton. Un riuscitissimo e Milleriano Cavaliere Oscuro dove tutte le parti concorrono alla riuscita del complicato (forse un pelino troppo) puzzle con grandissime prove d’attori su cui giganteggiano i due contendenti, nel loro splendido confronto che non finira’ mai, perche’ come ci dice Joker-Ledger “tu mi completi”.

Batman Begins


Il giovane Bruce Wayne (Christian Bale) torna a Gotham City dopo un lungo addestramento in giro per il mondo e, con molte difficoltà, inizia la sua vita da eroe. Dopo aver superato lo choc di aver visto uccidere i suoi genitori, il futuro Batman brucia di vendetta.

Nolan interrompe la continuità narrativa delle ultime peripezie di Batman, reinventando la mitologia dell’Uomo Pipistrello. La sceneggiatura (del regista e di David S. Goyer) torna alla giovinezza del supereroe recuperando due periodi importanti delle sue avventure a fumetti: il 1971-1972, in cui Denny O’Neil (testi) e Neal Adams (disegni) crearono il personaggio di Ra’s al Ghul; e il 1988, con la miniserie Batman – Year One, in cui Frank Miller (testi) e David Mazzucchelli (disegni) ne rilessero il debutto. L’originalità della pellicola è tutta nella prima parte, sorta di “romanzo di formazione” che – attraverso ili senso di colpa “connaturato” alla cultura americana, che in nome della propria opulenza si sente in debito dei meno fortunati. Mentre il ritorno a Gotham si confronta con il tema più “politico” del diritto/dovere alla vendetta come atto di giustizia (ma qui, più che l’ennesima “rilettura” dell’11/09, sembra di ascoltare un dialogo a distanza con Lucas e il suo lord Fener, di cui ribalta le riflessioni sul ruolo della “Forza” sottolineando l’inevitabile commistione di Bene e Male che alberga in ognuno). Ne esce un film singolarmente cupo, notturno, forse non molto inventivo sul piano figurativo ma piuttosto efficace su quello narrativo; con le “inevitabili” concessioni alla mitologia del genere (l’armamentario alla James Bond, i combattimenti alla orientale, l’inseguimento con la Bat-mobile) ma anche con un cast piuttosto indovinato (Caine nella parte del fido maggiordomo Alfred, Freeman in quella dell’inventore Lucius Fox, Gary Oldman in quella del poliziotto fidato).

Inception


Dom Cobb (Leonardo Di Caprio) è pagato da potenti uomini d’affari per entrare nei sogni altrui e rubare segreti. Al soldo di Saito (Ken Watanabe), deve fare però qualcosa di diverso: entrare  nei sogni di Robert Fisher jr (CIllian Murphy), erede di una multinazionale dell’energia, e “innnestargli” un’idea che lo porti a smantellare il proprio impero. La sua fidata squadra (il braccio destro Arthur [Joseph Gordon-Levitt], la studentessa di architettura Arianna [Ellen Page], il falsario Eames [Tom Hardy] e il chimico Yusuf [Dileep Rao], lo segue dentro un sogno a più strati, dove bisogna lottare con le difese prodotte dalla mente di Fischer. Ma dall’inconscio di Dom emerge la presenza imprevedibile di Mal (Maruib Cotilard) , sua moglie defunta, che rischia di mandare a monte tutta la missione.
Pare che Nolan abbia impiegato dieci anni per scrivere una sceneggiatura di rara complicazione, e si fatica a entrare dentro un mondo a più livelli, dove il concetto di “realtà” è ovviamente sempre messo in dubbio,, e ogni personaggio potrebbe essere solo una proiezione. L’ambizione è quella di costruire una pietra miliare dell’immaginario cinematografico del nuovo millennio, ma anche se i rimandi sono abbastanza ovvi (da 2001 Odissea Nello Spazio, da L’anno Scorso a Marienbad agli universi paralleli di Philip K.Dick), manca la capacità di creare nuove mitologie. Il fascino visivo comunque non manca (le architetture alla Escher, le esplosioni silenziose, un quartiere di Parigi che si chiude su se stesso come una scatola), anche se non tutti i segmenti, corrispondenti a vari generi cinematografici, sono ugualmente riusciti. La parte più originale e coinvolgente è quella relativa al rapporto di Cobb con la moglie e al suo senso di colpa, che riesce a diventare una riflessione sull’amore, sui sacrifici che esige e su come esso trovi fondamento nelle nostre proiezioni. Il titolo (alla lettera “inizio”, ma nel film italiano è tradotto come “innesto”) si riferisce all’incarico ricevuto da Cobb, ma anche al fatto che è impossibile stabilire quando cominci un sogno.

The Prestige


Nella Londra vittoriana, il prestigiatore Alfred Borden (Christian Bale) è condannato a morte per l’omicidio del collega Robert Angier (Hugh Jackman): il loro odio risaliva a quando Borden si era reso responsabile della morte della moglie (Piper Perabo) di Angier in un numero illusionistico particolarmente rischioso. E la loro rivalità, oltre che dal desiderio di vendetta, era stata alimentata dalla ricerca di trucchi sempre più sorprendenti: finchè, con l’aiuto dell’inventore Nikola Tesla (David Bowie), Angier aveva escogitato un trucco capace di spiazzare anche Borden. Nolan adatta con il fratello Jonathan il romanzo di Christopher Priest e concepisce l’intero film come un complesso gioco di prestigio, in cui lo spettatore ha spesso la verità sotto gli occhi ma non è disposto a vederla. Il puzzle di flashback e di colpi di scena è vertiginoso, ma non è solo un passatempo: dietro le meraviglie agghiaccianti, c’è una riflessione su ciò che si è disposti a sacrificare (i sentimenti, il rispetto della vita) in nome dell’ambizione e dell’eccellenza artistica. E l’ambientazione retro aggiunge precisi risvolti sociali: Angier è un dandy, Borden non riesce a cancellare le proprie origini proletarie. Un grande spettacolo messo in scena sontuosamente, che è bello vedere due volte e più. Cast perfetto: Caine ruba la scena nella parte dell’ingegnere dei trucchi Cutter. Musiche di David Julyan. I consulenti per i trucchi si ripresenteranno in The Illusionist.