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“Pina 3D”, di Wim Wenders (2011)


L’atteso ritorno di Wim Wenders nelle sale si concretizza con un film-documentario volto, sulla falsariga di “Buenavista Social Club”, a far scoprire al mondo le meraviglie di una zona d’arte meritevole di un palcoscenico maggiore di quello che già di per sé è riuscito a conquistarsi da sola. E stavolta l’intreccio artistico coniuga cinepresa e danza, quest’ultima nella particolare forma del “Tanztheater”, il teatro-danza emerso nella Germania degli anni ’70 come rinnovata forma di linguaggio del balletto, che toccò l’apice della sua espressione con la danzatrice e coreografa tedesca Pina Bausch.

I due artisti teutonici si conoscono nel 1985, Wenders rimane affascinato dallo spettacolo seguito al Tanztheater di Wuppertal e inizia ben presto a farsi strada l’idea di un progetto atto a portare sul grande schermo le magie di quei balletti. A detta del regista però mancavano all’epoca i mezzi cinematografici idonei a trasporre sul grande schermo la densità espressiva ed emozionale del teatro-danza della Bausch. La svolta nel 2008 con l’avvento delle più recenti tecniche di ripresa tridimensionali, capaci finalmente di portare lo spettatore direttamente sul palcoscenico. La scomparsa della Bausch proprio alla vigilia dell’inizio delle riprese compromette la realizzazione dell’idea iniziale, che prevedeva un ruolo da protagonista assoluta per la coreografa tedesca. Fortunatamente restava intatta l’eredità artistica di Pina, i suoi spettacoli, i suoi discepoli, le numerose registrazioni video, ciò che ha permesso a Wenders di realizzare comunque un più che dignitoso omaggio all’arte della sua amica.

Nasce così il film di cui qui si parla, un documentario, per lo più, che si presenta come un affascinante excursus nella carriera della Bausch attraverso la riproposizione in immagini tridimensionali di alcuni dei suoi spettacoli più importanti, la “Sacre du printemps” del 1975,  “Café Müller” e “Kontakthof” del 1978, e “Vollmond” del 2006, col filo conduttore dettato dall’evidenziazione delle performance più rilevanti dei ballerini che hanno contribuito al loro successo, chiamati via via a commentare le rispettive relazioni e collaborazioni con la famosa coreografa, a rammentarne il pensiero e la filosofia artistica, gli insegnamenti, lo spirito.

Dunque in primo piano vengono i gesti, i movimenti, le intense espressioni delle danze coreografate dalla Bausch; grazie al 3D lo spettatore tocca i personaggi dei balletti, respira con loro, scende nelle profondità delle interpretazioni, è messo in condizione di cogliere ogni minima preziosa sfumatura cui la stessa Pina per prima attribuiva un’importanza fondamentale. E la magia si perpetra attraverso la celestiale tecnica di questi danzatori fenomenali, capaci di movimenti al limite dell’impossibile! Molte delle scene più intriganti degli spettacoli sono state girate in esterno, al centro e nelle periferie di Wuppertal, stabilendo così anche un curioso legame col passato dello stesso Wenders, che negli stessi posti aveva ambientato il suo “Alice nelle città” agli esordi della sua carriera.

E un ruolo non secondario alla riuscita dell’opera spetta anche alla musica, particolarmente suggestiva e adatta alla miglior proposizione delle immagini. Al di là delle musiche di Stravinski per “La Sagra della Primavera” (pensate cosa deve essere anche solo immaginare di danzarvi sopra!), e quelle di Henry Purcell per “Café Müller”, straordinaria è la colonna sonora curata da Thom Hanreich con la collaborazione di Jun Miyake (la cui “Lilies in the valley” è davvero deliziosa).

Dunque un gradito ritorno quello di Wim Wenders, con un’opera che è destinata a resistere al tempo come a sua volta lo sono gli spettacoli del Tanztheater in essa riproposti. L’invito è, come al solito, quello di goderne la visione rigorosamente sul grande schermo, e  stavolta con tanto di occhialini 3D! Voto: 8,5

Finalmente nelle sale “Pina 3D” di Wim Wenders


In principio doveva essere una collaborazione tra il regista tedesco e Pina Bausch, l’omaggio di Wenders questa volta al mondo della danza ed in particolare  alla magia del Tanztheater (Teatro-Danza), genere introdotto “negli anni ’70 da alcuni coreografi tedeschi – tra cui la stessa Bausch – per indicare un preciso progetto artistico che intende differenziarsi dal balletto e dalla danza moderna e che include elementi recitativi, come l’uso del gesto teatrale e della parola” (Wikipedia). Ma nel 2009, quando tutto era pronto per l’inizio delle riprese, la dipartita della celebre artista tedesca, (coreografa, danzatrice, attrice e regista) sembrava aver impedito per sempre la realizzazione dell’opera.

Dietro la forte insistenza delle persone che più avevano amato la Bausch e il suo lavoro, ecco le intuizioni di Wenders di realizzare un documentario non più “con” bensì “per Pina”, e , attraverso il linguaggio dell’immagine tridimensionale,  far rivivere “in mezzo” al pubblico la coreografie più celebri della direttrice artistica del Tanztheater di Wuppertal. Per una volta il 3D sembra aggiungere davvero quel qualcosa in più alle immagini in movimento.

Presentata ufficialmente in Italia fuori concorso al Festival del Cinema di Roma appena concluso, l’opera è finalmente in proiezione nelle sale dello Stivale, ed FCP ve ne suggerisce calorosamente la visione!!